Il caso dei libri scomparsi – Ian Sansom

31 marzo 2010

il caso dei libri scomparsi Un libro veramente divertente. Ironico anzi: questo è l’aggettivo che mi viene in mente dopo aver letto le avventure di Israel, il nuovo bibliotecario londinese della biblioteca itinerante di Tundrum, amena località dell’Irlanda del nord. Si ridacchia di gusto. Le vicende tragicomiche legate all’essere catapultato in una città sconosciuta.. se si è un po’ imbranati.
E poi c’è Gloria, la sua ragazza rimasta a Londra che non sembra sentirne molto la mancanza, la famiglia che lo ospita e lo fa dormire in un pollaio, l’autista del pulmino che dovrebbe diventare la biblioteca ambulante, ex pugile, burbero ma in fondo buono. E soprattutto i 15’000 libri scomparsi, che Israel in quanto bibliotecario, dovrà ritrovare e in fretta.

Monte Forquin

29 marzo 2010

Domenica ho partecipato a questa gita escursionistica inserita nel calendario escursioni 2010 del Cai Imperia.
L’ascesa al Monte Forquin parte dal paesino francese di Libre, pochi Km dopo aver passato il confine sulla statale del col di Tenda, prima di Breil.
Dalla piazza principale di Libre parte il sentiero (indicato da un cartello) che dopo 900 metri di dislivello porta sulla vetta del Forquin. Durante il sentiero abbiamo trovato parecchi altri cartelli, comunque e sempre bene avere una cartina della zona nello zaino.
Caratteristica del monte Forquin e di altri monti sul confine Italo-Francese, sono le fortificazioni militari: in questo caso una postazione per la difesa

e un osservatorio in cima al monte:

Altri scatti: nel primo lo sguardo verso la valle delle meraviglie, nel secondo Toraggio e Pietravecchia, nel terzo il monte Ceppo
  

Sozaboy – Ken Saro-Wiwa

24 marzo 2010

sozaboy Mene, un apprendista autista, è un ragazzo di un piccolo villaggio del delta del Niger. Spera, come altri, di diventare prima o poi un autista, prendere la patente, avere un furgone tutto suo, sposarsi con la sua Agnes e permettere così alla vecchia madre di godersi una vita più tranquilla. Quando il governo del paese cambia, a Dukana, il suo villaggio, la vita non cambia di molto. Quando vede però il rispetto che gli altri abitanti del villaggio hanno per i soldati, sogna di diventare anch’egli un soldato, fare carriera e diventare adulto prima del tempo: con i risparmi della madre riesce ad arruolarsi. Ma la vita del soldato da subito non piace al giovane Sozaboy, come viene chiamato dopo l’arruolamento. Il primo conflitto a fuoco provocherà una profonda crisi a Mene: paura, raccapriccio, sangue e pallottole. Mene allora inizia a scappare, alla ricerca della sua vita passata, della madre, della bella moglie Agnes.

Devo ringraziare un amico (il Bazze), che mi ha consigliato questo libro.. non so se tornato in auge dopo che Saviano ne parlò a ‘Che tempo che fa’.. rimane il fatto che il libro è un capolavoro.
Il libro racconta ‘dal di dentro’ la guerra civile nigeriana scoppiata in seguito allo sfruttamento delle compagnie petrolifere del delta del Niger. Un grido di dolore dei soldati e della popolazione Nigeriana, unici a pagare le conseguenze del conflitto.

Ken Saro-Wiwa, apparteneva alla popolazione Ogoni, insediata nel delta del Niger, costretti ad emigrare a causa dell’inquinamento e lo sfruttamento del territorio dovuto alle multinazionali del petrolio, con la complicità dei dirigenti politici del paese. Fu arrestato e impiccato a causa della suo impegno per la difesa dei diritti degli Ogoni. L’autore per questo libro inventò uno stile di scrittura volutamente rozzo, sgrammaticato e pieno di onomatopee che dovrebbe rendere al massimo la scarsa istruzione e l’ingenuità del protagonista.. che bello sarebbe leggerlo in lingua originale.

“-Senti bene, Sozaboy, noi siamo sul fronte di guerra, okay. E sul fronte di guerra ci trovi tutti i tipi di persone. Ubriaconi, ladri, idioti, saggi e pazzi. C’è soltanto una cosa che li unisce tutti. La morte. E ogni giorno in più che riescono a vivere, si stanno prendendo gioco della morte.”

“La guerra è proprio una gran brutta cosa. La guerra è bere piscio e morire, e quell’uniforme che ci danno da portare serve soltanto a ingannarci. E chiunque pensa che quell’uniforme sia tanto bella è soltanto un fesso che non sa cosa vuol dire buono o cattivo o non proprio buono e proprio tanto brutto.”

“E poi mi ricordo che la guerra è proprio un’inutile cretinata e tutte queste uniformi e ogni altra cosa sono soltanto un modo per confondere le idee e per far diventare una persona belle come una capra all’ingrasso, pronta da ammazzare per mangiarsela a Natale.”

I guardiani della notte – Sergej Luk’janenko

8 marzo 2010

i guardiani della notteDa una settimana Anton ha cambiato incarico. Da impiegato è diventato un operativo. Il suo capo confida in lui per una importante missione. Mosca è in pericolo e, non si sa come, solo Anton può salvarla. Come faccia il capo ha essere certo che solo Anton possa salvare la città, sfugge alla comprensione di molti, ma nessuno dei colleghi di Anton mette in dubbio la parola di Boris Ignatevic. Piccolo particolare: Anton è un ‘agente segreto’ segreto particolare: è al servizio della luce! I suoi nemici sono maghi neri, vampiri, mutantropi, insomma le forze delle tenebre. Niente da ridire quindi, se la sua partner sarà una civetta con poteri speciali e la missione è quella di sottrarre un ragazzo alle forze delle tenebre.
Luk’janenko costruisce un fantasy mischiando spy-story e vampiri, piazzando come protagonista una via di mezzo tra uno 007, magari a volte pasticcione, e un mago ammazza vampiri.
Fantasy atipico.. bene e male non sono mai stati così simili.
Se è possibile provocare il male facendo del bene, cosa possono fare i signori della luce per fermare le tenebre? Esiste una possibilità di frenare l’avanzata della notte? La risposta alla prossima puntata.. l’unico neo di questo romanzo è infatti che questa è la prima di quattro puntate della lotta luce-tenebre.

“A un uomo non credere per metà, a un agente della Luce per un quarto, a un agente delle Tenebre per niente.”

“Non si può vivere in eterno con la sensazione della propria impotenza. Non si può restare in eterno in trincea: tutto ciò uccide un esercito più delle pallottole nemiche.”

La banalità del male – Hannah Arendt

1 marzo 2010

la banalità del male Otto Adolf Eichmann, viene rapito a Buenos Aires, dove si era trasferito nel secondo dopoguerra dopo aver cambiato identità, e viene portato in Israele per essere giudicato: quindici le imputazioni. Eichmann è più di un ex tenente-colonnello dell’esercito tedesco in servizio attivo nella seconda guerra mondiale, delle SS per di più. A Norimberga, molti altri criminali di guerra per alleggerire la propria posizione non hanno esitato a chiamare il causa l’ex tenente colonnello. Al processo Eichmann ha una unica linea di difesa: ha sempre eseguito ordini superiori: la motivazione non fu accettata a Norimberga e non sarà accettata neanche dalla Corte Israeliana.

La Arendt non dà un giudizio di merito sulla Corte giudicante: fa una cronaca del processo dalla cattura alla condanna a morte dell’ex SS. E’ singolare quello che però viene fuori dalle testimonianze, spesso confusionarie e contradditorie. Da una parte si evidenzia il fatto che gli Ebrei fossero troppo accomodanti, arrivando a volte ad aiutare i nazisti nella organizzazione delle deportazioni, mentre una parte dell’Europa mandava nei campi di concentramento milioni di Ebrei. Mentre, d’altro canto, alcune nazioni grazie all’azione spontenea delle persone, sia grazie a leggi volutamente inapplicabili o con mille scappatoie, diventavano il rifugio di chi riusciva a scappare. Una cronaca e una ricostruzione storica doverosa.


“Noi lo sapevamo. Non facemmo nulla. Chiunque avesse protestato sul serio o avesse fatto qualcosa contro le unità addette allo sterminio sarebbe stato arrestato entro ventiquattr’ore e sarebbe scomparso. Uno dei metodi più raffinati dei regimi totalitari del nostro secolo consiste appunto nell’impedire agli oppositori di morire per le loro idee di una morte grande, drammatica, da martiri. Molti di noi avrebbero accettato una morte del genere. Ma la dittatura fa scomparire i suoi avversari di nascosto, nell’anonimo.”

Monte Antola

22 febbraio 2010

Domenica con il solito gruppo di adessospiana, volevamo fare una escursione in zona sicura e che non fosse troppo lunga, causa le pessime previsione del tempo che davano pioggia dopo le 16:00. Abbiamo optato per un’escursione con racchette da neve sul monte Antola, dove eravamo stati a novembre 2007 per il raduno di quotazero.
Dei vari modi per raggiungere la vetta, abbiamo scelto quello con meno dislivello, seppure non sia il più rapido.
Una neve stupenda caduta due giorni prima ma già assestata, ci ha accompagnato lungo tutto il percorso.
Escursione consigliata quando si ha poco tempo: nonostante la tappa al rifugio Parco Antola, siamo stati abbondantemente sotto le 5h.
freddo controluce aquiloni alpi liguri

Sulla Pelle Viva – Tina Merlin

1 febbraio 2010

sulla pelle viva L’odissea del Vajont dalle lotte iniziali alla catastrofe finale: impressionante racconto di dove soldi e politica possono portare. La decennale lotta di una comunità di persone che ha dalla propria parte solo il buon senso… e sembra che da allora la brutta storia si stia continuando a ripetere. Perchè la fame di soldi e potere non può nulla contro la ragione, in italia. Passano gli anni, passano i governi e i colpevoli finiscono impuniti. Solo la loro coscienza potrà e ha potuto fare giustizia, anche se è solo una minima parte che non potrà mai bilanciare il tempo, le sofferenze e le vite di chi è stato coinvolto.
Il libro è stato pubblicato nel 1983, dopo vent’anni dal disastro che cerca di raccontare. Come dice Paolini nella prefazione: ‘Questo libro è una testimonianza di parte, non è il Vangelo, non è Verbo, quella raccontata è storia recente, vissuta sulla pelle viva, raccontata dalla parte del piccolo popolo che ha subito la violenza dell’onda e l’offesa della dimenticanza. Questo libro è un onesto pugno nello stomaco di chi sente vergogna di non aver saputo, vergogna dell’ignoranza collettiva intorno al Vajont’.

“Ho un debito verso gli Ertani: raccontare la loro storia. Oggi, dopo vent’anni in cui l’Italia e gli italiani sono stati offesi, umiliati, tiranneggiati, uccisi in mille altre maniere, forse questa storia sembrerà una delle tante ‘casualmente’ accadute. Forse più ‘pulita’ di quelle che accadono oggi. Ma non è così. Assomiglia molto a quelle di oggi. E’ contrassegnata dallo stesso marchio: il potere. E dall’uso che ne fanno le classi politiche e sociali che lo detengono.”

Come Dio Comanda – Niccolò Ammaniti

25 gennaio 2010

come dio comanda Protagonista della storia è la famiglia Zena. Padre e figlio legati da amore, violenza, sopraffazione e degrado. Il padre, sopraffatto dalla vita e dai lavori saltuari, incolpa gli extracomunitari perchè ‘gli rubano il lavoro’. Il figlio assorbe come una spugna i valori che il padre gli inculca a suon di botte. Ma forse le cose potrebbero cambiare: una notte una tempesta si scatena sul paesino dove vivono i due protagonisti e quella sarà ‘la notte’.
A mio avviso Ammaniti torna un po’ sui suoi passi. ‘Come Dio Comanda’ mi ha ricordato più ‘Ti Prendo E Ti Porto Via’, meno ‘Io Non Ho Paura’. Francamente ho preferito quest’ultimo. Qui non si salva nessuno: nessuno è degno di scampare al destino che lo aspetta, nessuno merita un aiuto dalla sorte: la condanna è universale.

Capodanno al rifugio Valcaira

11 gennaio 2010

Quest’anno, con alcuni amici, abbiamo organizzato il capodanno al rifugio Valcaira (2010 slm.), che si trova nelle vicinanze del Pizzo d’Ormea (2476 slm.). Il programma delle escursioni è stato condizionato dal tempaccio.
Il 31 dicembre già da Chionea frazione di Ormea, ha cominciato a nevischiare, per fortuna solo per qualche minuto e con un carico degno di una spedizione Himalayana, in un paio d’ore siamo arrivati al rifugio. Il primo gennaio ci siamo svegliati sotto qualche centimetro di neve e un cielo grigio topo. I più coraggiosi sono riusciti a completare una bella escursione che sfiorando il pizzo e la cima delle roccate, è poi ridiscesa in val Corsaglia verso il bivacco Cavarero e la successiva risalita sulla dorsale che porta al Valcaira via lago del Pizzo. Il giorno 2 gennaio il tempo bello ci ha permesso una ultima breve escursione sulla cima del Pizzo d’Ormea dalla quale ho scattato la panoramica qui sotto.
panorama pizzo

cielo grigio   prima della partenza

Marguareis invernale

11 gennaio 2010

Ecco alcune foto dell’escursione di domenica 27 dicembre 2009. Nonostante l’innevamento ancora scarso e grazie alla dovuta cautela ed a una delle poche domeniche di bel tempo, siamo riusciti a salire in vetta al marguareis(2651 slm) in un momento particolare: abbiamo infatti trovato neve molto compatta, ma grazie ai ramponi la gita è risultata (freddo a parte), come fatica, quasi a livello estivo. Mozzafiato il panorama che si gode dalla vetta. Quasi sembrava di poter toccare con mano le alpi liguri e le vicine marittime. Solo poco più in là il Monviso. Grazie a chi ha avuto l’idea e a chi ha partecipato! Domenica fantastica!
solitario  croce di vetta allineamento
Un avvertimento: con le nevicate iinvernali la zona della gola della chiusetta diventa pericolosa: occhio al bollettino neve!!!!!!